Storia della Fast Fashion (e come riconoscerla)
C'era una volta l'abito fatto su misura, l'Haute Couture, l'abbigliamento confezionato, il prêt-à-porter e infine...
Questo contenuto speciale arriva al posto della newsletter perché ho deciso di condividere i miei studi con voi, perché mentre imparo, mi piace pensare che voi andiate di paripasso con me. Siamo una community.
Sono partita da una domanda che è arrivata da voi e che ha innescato dentro di me il bisogno di fare profonda chiarezza.
La verità e la conoscenza non possono che partire dallo studio della storia, specie per non criticare a vanvera.
Spesso mi mandate nomi di brand e mi chiedete se sia o meno fast fashion perché volete evitare di acquistarli.
E allora ho pensato che per rendervi autonomi nel capire se un brand sia o meno fast fashion forse possiamo partire raccontando la sua storia. Quando è nata la Fast Fashion, come e perché . Che ne dite?
Questo è un lunghissimo contenuto a pagamento che mi ha richiesto giornate di studio. Sarei felice che tu potessi supportare l’informazione, affinchè io rimanga sempre libera, per me e per voi.
P.s. se vi state chiedendo se si dice LA o IL fast fashion, pare si possano usare entrambi gli articoli. In italiano viene tradotto (LA) moda veloce, ma in inglese diremmo IL fashion (fast).
Storia della Fast Fashion
Una volta si andava dal sarto e si sceglieva l’abito della stagione. Due al massimo. Veniva fatto su misura, ma senza troppo estro e si sperava durasse il più a lungo possibile.
Non esisteva, ovviamente, l’imbarazzo di indossare più volte lo stesso capo.
(Oggi i sondaggi dicono che un quarto degli intervistati prova imbarazzo a doversi rimettere lo stesso abito più volte).
C’era una volta l’Alta Moda
I più abbienti potevano godere del su misura esclusivo: qualità di materiali pregiatissimi, design straordinari, estremamente lavorati e ricchi di dettagli.
Quella che venne chiamata Haute Couture (Alta Moda) che esiste ancora, non è pensata per il mass market e quindi - per ovvie ragioni - vende molto poco.
Il primo couturier che aprì un atelier per accogliere e vestire la nobiltà fu Charles Frederick Worth, un sarto inglese che intorno alla metà del XIX secolo divenne il sarto ufficiale della corte di Napoleone III.
Nel 1868 nacque la Chambre Syndicale de la Haute Couture (oggi Fédération de la Haute Couture et de la Mode) che definiva i criteri necessari per poter essere definiti una casa di ALTA moda.
L’azienda doveva avere un atelier a Parigi con almeno 15 lavoratori a tempo pieno (il numero passò a 20): per ogni stagione - a gennaio e luglio - doveva essere presentata al pubblico una collezione di almeno 50 capi da giorno e da sera.
Il ristretto numero di sarti (i couturiers), dettava precise regole sullo stile, i colori, le lunghezze e i materiali di pregio da utilizzare, grazie ai quali il capo aveva un lunghissimo ciclo di vita, spesso tramandato di generazione in generazione.
Possiamo anche dire che quei capi (che oggi sono vintage) esistono ancora nella loro magnificenza e, a volte con qualche necessaria riparazione, possono ancora essere indossati senza MAI pensare di poterli buttare via.
Hanno un grande valore per diversi motivi:
perché sono ben fatti e quindi resistenti,
perché non seguono una moda,
perché sono pregiati.
I cosiddetti capi SENZA TEMPO.
Che poi pensateci: quando comprate un capo spendendo tanti soldi, non lo trattate con più riguardo? Lo buttereste mai?
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